17 aprile 2014

Ćevapčići e caffè turco


Quando il tram sferragliante si ferma alla Baščaršija e i pedoni frettolosi sparigliano nugoli di piccioni davanti al Sebilj, è l'inebriante fumo di grill e ćevapčići a dare il benvenuto ai turisti. Inebriante finché non si arriva a fine giornata cogliendo, dopo una doccia, note di muflone affumicato sui vestiti...
Il Sebilj, che sembra un'edicola ma è una fontana del 1891, è il primo saluto orientaleggiante di Sarajevo, che con la Baščaršija svela la sua atmosfera turco-asburgica. Attraversando la piazza, lasciandosi la moschea sulla sinistra e le sei cupole della Bursa Bezista (l'antico bazar della seta) sulla destra, si segue il fumo imboccando una viuzza di taverne e ristorantini.
Quasi alla fine, c'è una ćevapčićarna gestita da sole donne, che serve ćevapčići accompagnati con un bicchiere di yogurt, di acqua o di succo (niente bevande alcoliche). È molto pulita e accogliente, coi mobili in legno chiaro e i kilim sul pavimento. L'abbuffata chiama il caffè. Bastano due passi nella via Sarači (la principale strada che parte dalla piazza dei piccioni) per bere un caffè turco in un'atmosfera da mille e una notte. Tra un negozio di souvenir e una gioielleria, c'è un passaggio sulla destra che porta a un porticato. È uno splendido caravanserraglio, dove su poltroncine in vimini o divanetti imbottiti con cuscini variopinti, ci si gode il caffè turco (accompagnato da un dolcetto da crisi iperglicemica) e l'atmosfera... finché le orecchie reggono la musica arabeggiante del Divan cafè. Ma a rendere il tutto suggestivo e fiabesco è la Isfahan gallery: un incanto di tappeti e lanterne in mosaico di vetro dalle luci soffuse e dai mille colori. Il negozio occupa mezzo porticato e ci si inoltra tra pile di kilim e drappi, sciarpe e lampade, da una stanza all'altra. 
Usciti dalla magia del serraglio, la moschea Gazi-Husrevbey dal cortile arioso e la madrasa coi comignoli a punta riecheggiano al passato ottomano della città, che pochi metri dopo, con la Ferhadija e le palazzine di gusto viennese, alza il sipario sulla sua storia asburgica. Non senza un retaggio dell'Est: qualche passo dopo il perplesso Ivo Andrič, il cui busto campeggia in Trg Oslobodjenja, richiamano l'attenzione dei passanti le urla dei giocatori di scacchi. Usano il pavimento della piazza come scacchiera, sbraitando e consigliando il giocatore che muove pedine giganti. Poco più in là, parte il viale dedicato al Maresciallo Tito, dove una fiamma eterna brucia a ricordo dei caduti della seconda guerra mondiale. Chiudono il cerchio delle tante epoche passate per queste strade, le Rose di Sarajevo e il colpo di mortaio conficcato nell'asfalto del mercato coperto di Markale: ferite dell'ultimo conflitto. 

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